venerdì 23 dicembre 2011

SE ANCHE L’EUROPA DICE “S.E.” – Social entrepreneurship (parte 2)

Prima di iniziare a parlare delle misure che la Commissione Europea vuole mettere in atto entro il 2012, è necessario delineare cosa sia un impresa sociale e soprattutto che tipi di imprese rientrano nella definizione.
Il primo passo della Commissione è definire “impresa sociale” come caratterizzata da:

·        un obiettivo sociale o socio-culturale di interesse comune che rappresenta la ragione d’essere dell’azione commerciale e che spesso porta ad un livello elevato di innovazione sociale;

·        i cui utili sono principalmente reinvestiti nella realizzazione di tale obiettivo sociale;

·       le cui modalità di organizzazione (o il sistema di proprietà), basandosi su principi democratici/partecipativi o che mirano alla giustizia sociale (per esempio con la riduzione del divario salariale) riflettono la missione.

Le divide poi in due tipi di imprese sociali (e questo è essenziale al momento dell’assegnazione dei fondi e delle politiche di stanziamento dei finanziamenti):
  • è impresa sociale quella che fornisce servizi sociali e/o beni e servizi destinati a un pubblico vulnerabile (accesso all’alloggio e alle cure, assistenza a persone anziane o disabili, inclusione di gruppi vulnerabili, assistenza all’infanzia, accesso all’impiego e alla formazione, gestione della dipendenza…);
  • così come/o anche solo quella la cui modalità di produzione di beni o servizi (supply chain) persegue un obiettivo di natura sociale (integrazione sociale e professionale tramite l’accesso al lavoro di persone svantaggiate soprattutto in ragione di una scarsa qualificazione o di problemi sociali o professionali che ne determinano l’esclusione e l’emarginazione), ma la cui attività può riguardare beni o servizi non di natura sociale.

Per chi si fosse perso nelle definizioni, ecco qua l’elenco di altri esempi della commissione di imprese sociali.



·     - In Italia un centro medico fornisce assistenza specializzata di alto livello, compresa l’intermediazione culturale, soprattutto nelle zone poco servite dai servizi pubblici, con particolare attenzione alle persone che si trovano in situazioni di fragilità socio-economica (ad es. gli immigranti).



·     - In Romania dal 1996 un’impresa di 5 dipendenti e 5 volontari fornisce servizi culturali in lingua rumena ai non vedenti, adattando i vari supporti (soprattutto libri letti, film adattati) a un pubblico di 90 000 persone.

·      - 2004 Un impresa francese ha lanciato un concetto innovativo di servizi di autolavaggio senz’acqua con prodotti biodegradabili, impiegando personale non qualificato o emarginato al fine di reintegrarlo nel mercato del lavoro.

·    - Una fondazione ungherese ha creato un ristorante che impiega personale disabile (40 dipendenti), offre loro formazione e un servizio di assistenza all’infanzia per assicurare la transizione verso un impiego stabile.

·        - Nei Paesi Bassi un’impresa insegna a leggere utilizzando strumenti digitali innovativi e un metodo basato sul gioco. Il metodo è particolarmente adatto ai bambini iperattivi o autistici, ma anche agli analfabeti e agli immigranti.

In Polonia una cooperativa sociale costituita da due associazioni, che impiega disoccupati di lunga durata e persone disabili, offre sul mercato una serie di servizi: servizi di ristorazione e di catering, piccole opere edili e di artigianato nonché la formazione a favore dell’inclusione professionale di persone svantaggiate. 

Dovendo rispettare le differenti definizioni e qualificazioni delle imprese sociali date dagli Stati membri,  solo nel caso di misure normative e/o incentivanti che necessitino di campi di applicazione specifici, si penserà alla definizione normativa.

Nessun commento:

Posta un commento