Desidero concludere la mia
piccola carrellata sul crowdfuning (post I qui,
post 2 qui)
con qualche personale riflessione su incentivi e motivazioni. Quali sono i
meccanismi motivazionali che spingono i crowd-funders a sostenere i progetti più disparati? Perché così tante persone
appaiono desiderose di finanziare progetti creativi dalle prospetti a dir poco
incerte?.
Seguendo una pura logica di
mercato una prima spiegazione che si potrebbe addurre è di tipo transazionale. Offro
risorse finanziarie certe in cambio di un ritorno incerto ma con una
probabilità positiva, seppure piccola, di avere un ritorno in grado di più che
compensare l’esborso. Ragionevole, sennonché
un gran numero di campagne di
crowdfunding, pur raggiungendo la soglia minima di finanziamento richiesto, non
offrono ai sostenitori alcun ritorno economico. Qualche volta promettono una copia del prodotto oggetto
della campagna, talora garantiscono una
menzione speciale tra i benefattori del progetto. Tipicamente non danno alcun ritorno tangibile. Una spiegazione
imperniata su una pura logica di mercato è dunque insoddisfacente e certamente non
può spiegare in modo convincente il successo di piattaforme come Kickstarter o Indiegogo,
dove quasi sempre ciò che viene promesso in cambio della donazione ha un valore
monetario inferiore alla somma erogata.
Un utile spunto per
riflettere su un meccanismo del tutto differente mi viene offerto dalla cantante
e musicista Amanda Palmer, recentemente protagonista di un intenso e molto
discusso Ted talk, che riporto a seguire. In questo toccante video la Palmer
descrive la sua incredibile campagna di raccolta fondi su Kickstarter,
conclusasi nel 2012 con un risultato 10 volte (circa) superiore alla sua
richiesta originale. Il talk si intitola l’arte
di chiedere ed è incentrato su un messaggio semplice quanto sfuggente. Nel
momento in cui si chiede aiuto, nella fattispecie sotto forma di risorse per
sostenere un progetto musicale, si gettano le basi per instaurare una relazione
fiduciaria tra due persone.
In effetti, come avevo sottolineato nel mio precedente post, coloro che contribuiscono alle compagne di crowdfunding sono prevalentemente persone che fanno parte della rete sociale dei proponenti, e che attraverso la piattaforma hanno la possibilità di sentirsi parte di un progetto condiviso. La piattaforma diviene cioè il veicolo attraverso cui le persone possono aggregarsi dando vita a piccole comunità di supporto amalgamate da un condiviso “slancio al dare” (senza certezze né particolari aspettative su ritorni tangibili ma con la certezza di aver dato uno mano).
Il punto a mio avviso centrale è che i
finanziatori di Kikckstarter, così come avviene per altre piattaforme analoghe,
non sono investitori nel senso tradizionale del termine e non sono alla ricerca
di opportunità per massimizzare il
ritorno degli investimenti. La logica che ispira le loro scelte non è infatti quella
monetaria di mercato, ma quella del dono.
Nel libro The
Gift, ispirato al concetto di economia del dono, Lewis Hyde descrive la
relazione tra l’economia di mercato e la tensione verso il prossimo che
caratterizza il gesto del donare. Hyde si concentra in modo particolare sugli
artisti, suggerendo che ogni creazione artistica è spinta primariamente da un
sentimento altruistico. Anche se un progetto creativo è quindi oggetto di una transazione,
le forze che lo generano sono ispirate dal desiderio di condividere qualcosa
con il mondo, non dal mercato.
Ecco, questo desiderio di condivisione e partecipazione
al contempo credo sia la ragione più profonda dell’ascesa del crowdfunding e in
un certo senso il sentimento che ispira il rapporto osmotico tra chiedere e
dare su cui si basa la sopravvivenza di ogni comunità.
“Sarebbe una grande calamità per il mondo – scriveva Henry
Miller nelle sue celebri riflessioni
sull’interdipendenza tra dare e avere –
se eliminassimo il mendicante. Il mendicante nello schema delle cose è tanto
importante quanto colui che dona. Dio ce ne scampi se il mendicare dovesse sparire e non ci fosse più bisogno di
rivolgersi ad altri essere umani per chiedere qualcosa e dare così loro la possibilità di condividere la propria
ricchezza”.