giovedì 24 ottobre 2013

Crowdfunding (3): Dare, avere e l’arte di chiedere


Desidero concludere la mia piccola carrellata sul crowdfuning (post I qui, post 2 qui) con qualche personale riflessione su incentivi e motivazioni. Quali sono i meccanismi motivazionali che spingono i crowd-funders a sostenere  i progetti più disparati? Perché così tante persone appaiono desiderose di finanziare progetti creativi dalle prospetti a dir poco incerte?.


 Seguendo una pura logica di mercato una prima spiegazione che si potrebbe addurre è di tipo transazionale. Offro risorse finanziarie certe in cambio di un ritorno incerto ma con una probabilità positiva, seppure piccola, di avere un ritorno in grado di più che compensare l’esborso.  Ragionevole, sennonché un gran numero di  campagne di crowdfunding, pur raggiungendo la soglia minima di finanziamento richiesto, non offrono ai sostenitori alcun ritorno economico. Qualche volta  promettono una copia del prodotto oggetto della campagna,  talora garantiscono una menzione speciale tra i benefattori del progetto. Tipicamente non danno  alcun ritorno tangibile. Una spiegazione imperniata su una pura logica di mercato è dunque insoddisfacente e certamente non può spiegare in modo convincente il successo di piattaforme come Kickstarter o Indiegogo, dove quasi sempre ciò che viene promesso in cambio della donazione ha un valore monetario inferiore alla somma erogata.

Un utile spunto per riflettere su un meccanismo del tutto differente mi viene offerto dalla cantante e musicista Amanda Palmer, recentemente protagonista di un intenso e molto discusso Ted talk, che riporto a seguire. In questo toccante video la Palmer descrive la sua incredibile campagna di raccolta fondi su Kickstarter, conclusasi nel 2012 con un risultato 10 volte (circa) superiore alla sua richiesta originale. Il talk si intitola l’arte di chiedere ed è incentrato su un messaggio semplice quanto sfuggente. Nel momento in cui si chiede aiuto, nella fattispecie sotto forma di risorse per sostenere un progetto musicale, si gettano le basi per instaurare una relazione fiduciaria tra due persone. 

 

In effetti, come avevo sottolineato nel mio precedente post, coloro che contribuiscono alle compagne di crowdfunding sono prevalentemente persone che fanno parte della rete sociale dei proponenti, e che attraverso la piattaforma hanno la possibilità di sentirsi parte di un progetto condiviso.  La piattaforma diviene cioè il veicolo attraverso cui le persone possono aggregarsi dando vita a piccole comunità di supporto amalgamate da un condiviso “slancio al dare” (senza certezze né particolari aspettative su ritorni tangibili ma con la certezza di aver dato uno mano).

Il punto a mio avviso centrale è che i finanziatori di Kikckstarter, così come avviene per altre piattaforme analoghe, non sono investitori nel senso tradizionale del termine e non sono alla ricerca di  opportunità per massimizzare il ritorno degli investimenti. La logica che ispira le loro scelte non è infatti quella monetaria di mercato, ma quella del dono. Nel libro The Gift, ispirato al concetto di economia del dono, Lewis Hyde descrive la relazione tra l’economia di mercato e la tensione verso il prossimo che caratterizza il gesto del donare. Hyde si concentra in modo particolare sugli artisti, suggerendo che ogni creazione artistica è spinta primariamente da un sentimento altruistico. Anche se un progetto creativo è quindi oggetto di una transazione, le forze che lo generano sono ispirate dal desiderio di condividere qualcosa con il mondo, non dal mercato.

Ecco, questo desiderio di condivisione e partecipazione al contempo credo sia la ragione più profonda dell’ascesa del crowdfunding e in un certo senso il sentimento che ispira il rapporto osmotico tra chiedere e dare su cui si basa la sopravvivenza di ogni comunità.

Sarebbe una grande calamità per il mondo – scriveva Henry Miller  nelle sue celebri riflessioni sull’interdipendenza tra dare e avere – se eliminassimo il mendicante. Il mendicante nello schema delle cose è tanto importante quanto colui che dona. Dio ce ne scampi se il mendicare dovesse  sparire e non ci fosse più bisogno di rivolgersi ad altri essere umani per chiedere qualcosa e dare così  loro la possibilità di condividere la propria ricchezza”.

1 commento:

  1. Buongiorno Simone, ho letto con molta attenzione il suo articolo e lo trovo assai concreto nella scala dei valori e dei bisogni, è vero che purtroppo nella cultura latina vive il concetto Do ut des.«io do affinché tu dia»

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