Giovani e imprenditorialità
La risposta è presto data. La vera responsabilità del cambiamento sta sulle spalle delle nuove imprese e degli imprenditori che le creano. Ed è una responsabilità impegnativa che richiede una certa dose di coraggio. Perché chi innova si dovrà scontrare con un sistema inevitabilmente scettico che, in quanto espressione del vecchio, farà fatica a riconoscere il nuovo o a riconoscerne il valore, e cercherà altresì di difendersi contro quella che Schumpeter descriveva come l’onda di distruzione creatrice. Per accollarsi questa responsabilità serve dunque una dose di coraggio non comune. Non a caso Richard Branson definisce l’imprenditore come un avventuriero, qualcuno che ha il coraggio di addentrarsi in sentieri che la maggior parte delle persone non osano esplorare.

In questa luce non sorprende che nell’ultimo rapporto prodotto dal GEM si identifichi nell’avversione al rischio il principale fattore di impedimento all’imprenditorialità. E questo ci permette inoltre di capire perché il rapporto tra imprenditorialità e giovani sia così stretto. Perché se c’è un risultato robusto negli studi di psicologia sociale è che l’avversione al rischio cresce con l’età, poichè più si avanza nella propria vita personale e professionale più è alto il costo opportunità di mettersi in gioco.
Bernard Shaw diceva che l’uomo ragionevole si adatta al mondo mentre l’uomo irragionevole adatta il mondo a sé. Dunque tutto il progresso dipende dall’uomo irragionevole. E’ questa la sana irragionevolezza - Steve Jobs probabilmente parlerebbe di foolishness (o forse è meglio chiamarla audacia sfrontata) - di cui la giovinezza è ricca. E' grosso modo proprio questo il principale messaggio che esce dalla tavola rotonda di giovani imprenditori che si è tenuta l'anno scorso a Stanford e di cui trovate qui sotto un breve resoconto video. Quando si è giovani è più naturale prendere decisioni non convenzionali, semplicemente perchè non si è ancora imbrigliati in logiche di settore o modi consolidati di fare le cose.